mercoledì 10 agosto 2011

NON SONO DEPRESSO PERCHE' SONO RAFFREDDATO (in certi casi, meglio metterci una pietra dentro) -Kiki Bobò -



Cominciò con un disturbo, quello si. Una specie di ottundimento del sensorio, un'indolenza che si svegliava con me di mattina, e mi rimboccava le coperte di sera. Dopo alcuni giorni di tale impreciso malessere, consultai la mia tessera sanitaria dove avevo riposto l'indirizzo del mio medico di base, dal quale non ero mai stato. Decisi di recarmi da lui quel giorno stesso.
"Mi dica", mi chiese cortese. "Di cosa si tratta".
"Dottore, mi sento stanco", cominciai, "mi sveglio e mi sento intontito, qualcosa mi attanaglia la testa, al lavoro ho difficoltà a concentrarmi. Mi sembra di vivere dentro a una bolla. E poi  mi è diminuito l'appetito.".
"Al mattino peggiora?" si informò lui.
"Che dire, al mattino già mi sento male, e ancora di più al pensiero di affrontare una giornata pesante. Sa, per il mio lavoro ascolto musica, sono un fonico, arrivo ad un punto che mi esplode la testa".
"E alla sera migliora?" si interessò il dottore.
"Che dire, alla sera l'unico sollievo è il pensiero che vado a dormire. Non riesco ad assaporare gli altri piaceri della vita".
"Capisco", disse lui improvvisando un'espressione quasi greve, "io le farei fare due chiacchiere con questo medico, mi sembra la cosa più appropriata perr la sua problematica, ed è meglio non far passare molto tempo, questi sintomi non vanno presi sottogamba".
"No", dissi io, "infatti, solo che speravo che lei già mi prescrivesse qualcosa...insomma...di che si tratta?".
"Vede, il dottor Assone Alberto è uno psichiatra. Lascerei trovare a lui la combinazione più appropriata, la cura più giusta per lei..".
"Uno psichiatra? Sinceramente non pensavo...ecco...mi sento un po' preso alla sprovvista!"
"No, non si preoccupi", fece il dottore, sostituendo la sua aria greve con un'espressione quasi leggera, "deve solo ripetergli quel che ha detto a me, nè più e nè meno. Al resto penserà lui. Mi dia retta, ci vada subito.".
Così feci. Trasportato nella e dalla mia bolla, mi recai il giorno dopo dal tale Asone Alberto, psichiatra. Studio austero, mobilia in rovere, pensai che "L'urlo" di Munch appeso dietro la scrivania avrebbe potuto evitare di appenderlo.
"Mi dica, che cosa la porta da me?", mi chiese intrecciando le dita delle mani.
"mi ha consigliato di venire qua il mio medico di base, in quanto mi sento la testa pesante tutto il dì, un groppo in gola, e se possibile anche nel naso, nonostante dottore io abbia sempre goduto di ottima salute, mai un acciacco, mai un raffreddore...", e così esposi in maniera quasi romanzata i miei problemi, pensando che la differenza tra essere un paziente di medico di base e paziente di psichiatra, fosse nell'esposizione sintetica o descrittiva dei sintomi.
Lui mi ascoltò in silenzio, poi estrasse dal cassetto della scrivania un ricettario.
"Cominciamo con cinque gocce al mattino di Euphorix. Alla sera, invece, dieci gocce di Eurelass Plus Plus. Poi nel contempo prendiamo una compressa di Moral-up Fast da 10 mg, da aumentare a 20 tra 20 giorni, e a 40 tra 40 giorni.".
Stavo per chiedergli se fosse una cura da dover assumere in due, visto che usò i verbi al plurale, ma mi trattenni, e riuscii solo a dirgli "grazie dottore".
"Ci vediamo tra venti giorni", mi disse tendendomi la mano.
Mi recai immediatamente in farmacia a comprare i miei rimedi.
La sera presi la pastiglia e le 10 gocce. Dormii come un riccio. E la mattina successiva non mi alzai in tempo per il lavoro. Inoltre sentivo le fauci secche ed un impellente bisogno di "sgranchirmi" le mascelle ogni due minuti: pensai che i farmaci favorissero gli esercizi di rilassamento della muscolatura facciale. Dava fastidio, però.
Passarono i giorni, ed in effetti qualcosa successe: stanco ero stanco, ma con una voglia crescente di mordere la vita. Comprai dieci sveglie con forme e suonerie diverse, perchè per dieci giorni di fila non riuscii a svegliarmi in tempo per andare al lavoro. Ugualmente non ci sentivo bene, ma il gioco di stelline proiettato sul soffitto della camera, mi faceva ridere. Mi facevano ridere molte cose! Alla macchinetta del caffè, il collega che dopo aver infilato la moneta riceveva solo il bicchierino con il latte e niente caffè...al mercato, la borsa con la frutta che si rompe e la vecchietta che non riusciva a chinarsi..c'erano un sacco di cose simpatiche che succedevano e che mi provocavano autentici scoppi di risa. E poi le idee. Ero pieno di idee. Forse erano anche quelle di prima, ma io chiacchieravo di più, tanto , e con tutti! Se non fosse stato per quel catarro in gola, che non riuscivo ad espellere, e che mi saliva fino alle orecchie, tanto da non farmi quasi sentire i commenti alle mie esilaranti battute. Beh, la vita si illuminava ogni giorno di più, e dire che allo specchio non ero neanche quel belvedere, avevo un naso gonfio e congestionato, fluidi verdi che di tanto in tanto si riversavano all'esterno delle mie narici infiammate come crateri vulcanici, e poi la bolla nelle orecchie che mi inglobava, ma in modo soffice, quasi ovattato. In fondo non mi dispiaceva.
Dopo i primi venti giorni di cura mi ripresentai allo studio del Dottor Assone Alberto, con completo gessato giallo, cappello a falde bianco, orologio con brillantini, portafoglio di pitone collegato alla cintura abbinata da un fine laccetto in pelle. Al collo, una catenina realizzata da artigiano orafo su mio progetto; scarpe bianche come il cappello; calzini neri per staccare.
"Buongiorno, cosa mi dice", cominciò lui cordiale, "mi sembra di vederla più sollevato".
"Sollevato, certo", risposi "nella mia bolla cammino a sei metri da terra!". E scoppiai in una risata.
Continuai a parlare per settanta minuti di me, solo di me, dall'infanzia ai posteri che mi avrebbero ricordato; dei miei progetti e delle mie idee brillanti, anzi, sberluccicanti. Alla fine mi ritrovai on la voce rauca, perchè per sentirmi ero costretto ad urlare.
"Mi dica un'ultima cosa", mi interpellò il dottore, "riesce a dormire la notte?".
"Dormire? Guardi, lo faccio proprio per preservare l'integrità fisica, perchè ormai le ventiquattro ore non mi bastano per pensare. Prendo le gocce di Eurelass Plus Plus e dormo come un conoglietto, fino alle dieci-mezzogiorno".
"Molto bene", mi rassicurò il dottore, "vedo che ci siamo. Come le dicevo, porterei a 40 mg le compresse di Moral-Up Fast, per assestare la cura, poi ci rivediamo tra venti giorni. Sono 90 euro".
"Grazie dottore, eccone 100, il resto è mancia!".
"Non accetto mance,io.", disse facendosi gelido.
Ritirai il resto, in effetti lo facevo più affabile...
Passarono i giorni, tra un aperitivo in piazza, una lettura di poesie in biblioteca, partecipavo a dei dibattiti, e devo dire senza falsa modestia che commentavo di tutto, e rimanevo sempre l'ultimo in sala. A seguire, un altro aperitivo, dove conoscevo sempre gente nuova, e infine a letto dei bei sonni profondi. Un senso di pienezza mai raggiunto prima appagava la mia vita, peccato per la bolla, che non era neanche più una bolla, ma uno scafandro. Anche le tonsille erano enormi, ma non me ne curavo.
Fu una mattina verso le dieci, mentre sognavo di tenere a Varsavia una conferenza sui comò d'epoca, le sinfonie di Beethoven e i cavatappi automatici, che suonò a lungo il citofono. Si trattava del postino con una raccomandata. La aprii, era la lettera di licenziamento, da parte del mio datore di lavoro. Per reiterata e ingiustificata assenza, così c'era scritto. Dovetti respingere l'idea succulenta di come spendere i soldi della liquidazione, e mi costrinsi ad elaborare un bel discorso in mia difesa. Per qualche giorno di assenza un licenziamento? Vero era che ultimamente con i suoni facevo cilecca, ma lo sapevano loro della mia bolla, che mi costringeva a vivere nell'ottava dimensione? Forse no, ci voleva che lo spiegassi, e tutto si sarebbe risolto. Adorato ottimismo!
Presi appuntamento col mio capo, che non parve molto contento di vedermi. Tentai di scioglierlo con qualche mia battuta sagace, però lui andò dritto al fatto del licenziamento.
"Lei svolge male il suo lavoro, e quel che è peggio è che sembra disinteressarsene. Basta vedere quante volte manca al lavoro, o si presenta solo di pomeriggio, con quel sorriso strafottente, come se non sapesse che qui di fonico ce n'è uno, e che per registrare tutti aspettano lei!".
Eh no, la mia vita era allegra, chi era lui per rovinare la festa. Scommisi che provava una grande invidia. Cominciai a parlare di me, come se fossi seduto di fronte al Dottor Assone. Parlai e parlai, e vidi come in un quadro cangiante in stile cinese, cambiare colore ed espressione la faccia del capo. E quando sentii il fuoco alla gola darmi lo stop, esclamai: "Grazie per l'ascolto, le lascio 100 euro!". E mi esplose dalla gola in fiamme quella mia grossa risata, e per lo scoppio fragoroso due fiumi di muco verde colarono copiosi da entrambe le narici.
Il capo si alzò di scatto con la faccia disgustata,e lasciando l'ufficio di corsa, mi gridò: "Lei è licenziato! E veda di curarsi quel suo raffreddore!".
"Raffreddore ??".
"Scusi, come ha detto?" - mi gettai dalla sedia inseguendolo - " ha detto RAFFREDDORE?".




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