Sono uno strumento d'equilibrio e di precisione, e anche di grande portata: i quintali e le tonnellate non mi sono estranei, nonostante il mio esiguo scheletro. Ma cosa soppeso?
Metto in equilibrio quello che c'è, e che non si vede.
La gioia con la nostalgia. La rabbia e la tolleranza. La calma con l'agitazione. L'inquietudine con l'appagamento.
Se sei fortunato e vivi in maniera piena il tuo qui e ora, la nostalgia ti farà comprendere quella sfumatura del cielo che non è colore acceso, e che tu non guardi. Se la tua nostalgia è tale da lasciare la tua anima sempre sospesa, la gioia ti travolge e ti pianta a terra, a baciare il terreno sul quale cammini.
Se la rabbia ti si para davanti agli occhi, la tolleranza ti apre lo sguardo ai lati, per vedere l'Altro e anche l'Altrove. Se la tolleranza ti smorza la capacità di critica, la rabbia ti dice permesso e poi reagisce.
Se la calma rende piatti, l'agitazione provoca per lo meno varie reazioni chimiche. Se da agitato hai mosso una tempesta, con la calma raccogli i rami spezzati e i cocci rotti.
Se l'inquietudine erode le papille gustative della vita, l'appagamento sazia in tutti i sensi. Se da appagato scopri che anche il Nirvana dopo un po' è una palla, l'inquietudine è quello che ci vuole per ritrovare il sano tormento di tormentarsi (in un unico termine, haime tedesco, "Sensuct").
Sono un bilancino e sui miei piatti si posano le pietanze più strane che ci sono. Non si vedono, eppure nutrono la vita.
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